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venerdì 6 novembre 2009

Scrocifissione

Per chiunque ne fosse interessato potete trovare QUI la versione originale in francese della sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo sul tema del crocefisso nei luoghi pubblici, per i non francofoni vi propongo la traduzione della stessa in italiano.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

Nel procedimento Lautsi contro l’ Italia, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Seconda Sezione) si riunisce in Camera di consiglio composta da: Françoise Tulkens, presidente, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danut Jocien, Dragoljub Popovic, András Sajó, Isıl Karakas, giudici, e di Sally Dole, cancelliera di sezione.

Dopo averne deliberato in Camera di consiglio il 13 ottobre 2009, rende nota questa sentenza.

PROCEDURA

All’origine del procedimento c’è una richiesta (n. 30814/06) diretta contro la Repubblica italiana da una cittadina di questo Stato, la Sig.ra Soile Lautsi (“la ricorrente”) che ha investito la Corte il 27 luglio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Agisce nel suo nome e in nome dei suoi due bambini, Dataico e Sami Albertin.

La ricorrente è rappresentata da N. Paoletti, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il governo”) è rappresentato da E. Spatafora e dal suo assistente, il sig. N. Lettieri.

La ricorrente adduceva che l’esposizione del crocefisso nell’aula della scuola pubblica frequentata dai suoi bambini era un’ingerenza incompatibile con la libertà di pensiero e di religione e con il diritto a un’istruzione e a un insegnamento conformi alle sue convinzioni religiose e filosofici.

Il 1° luglio 2008 la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al governo. Facendo valere le disposizioni dell’articolo 29 comma 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero esaminati allo stesso tempo ammissibilità e fondamento del procedimento.

Tanto la ricorrente quanto il governo hanno depositato osservazioni scritte sul procedimento (articolo 59 comma 1 del regolamento).

I FATTI.

La ricorrente risiede a Abano Terme e ha due bambini, Dataico e Sami Albertin. Questi ultimi, rispettivamente all’epoca di undici e tredici anni, frequentavano nel 2001-2002 la scuola pubblica “Istituto comprensivo Statale Vittorino da Feltre”, ad Abano Terme.

Le classi avevano tutti crocifissi esposti, ciò che la ricorrente riteneva contrario al principio di laicità secondo il quale desiderava istruire i suoi bambini. Sollevava quindi la questione nel corso di una riunione organizzata 22 aprile 2002 a scuola e faceva presente il principio (stabilito dalla Corte di Cassazione italiana, sentenza n. 4273 del 1° marzo 2000) per cui la presenza di un crocifisso nelle classi quando queste diventano urne per le elezioni politiche era stato già giudicato contrario al principio di laicità dello Stato.

Il 27 maggio 2002 la direzione della scuola decideva tuttavia di lasciare i crocifissi nelle classi.

Il 23 luglio 2002 la ricorrente impugnava questa decisione davanti al Tribunale amministrativo della regione Veneto. Basandosi sugli articoli 3 e 19 della Costituzione italiana e sull’articolo 9 della Convenzione, ella adduceva la violazione del principio di laicità. Inoltre, denunciava una violazione del principio d’imparzialità dell’amministrazione pubblica (articolo 97 della Costituzione).

Così chiedeva al tribunale di investire la Corte Costituzionale della questione di costituzionalità.

Il ministero della Pubblica istruzione italiano, che ha emanato la direttiva n. 2666 che raccomanda ai direttori delle scuole di esporre il crocifisso, si costituiva quindi parte nella procedura sostenendo che la decisione in questione si basava sull’articolo 118 del Decreto regio n. 965 del 30 aprile 1924 e sull’articolo 119 del Decreto regio n. 1297 del 26 aprile 1928 (disposizioni precedenti alla Costituzione italiana e agli accordi tra l’Italia e Santa Sede).

Il 14 gennaio 2004 il Tar del Veneto riteneva, tenuto conto del principio di laicità (articoli 2,3,7,8,9,19 e 20 della Costituzione) che la questione di costituzionalità non era palesemente infondata e di conseguenza investiva della questione la Corte costituzionale. Inoltre vista la libertà d’insegnamento e visto l’obbligo scolastico, la presenza del crocifisso era imposta agli allievi, ai genitori degli allievi e ai professori e favorivano la religione cristiana al detrimento di altre religioni.

La ricorrente si costituiva quindi parte nella procedura dinanzi alla Corte costituzionale.

Il governo sosteneva che la presenza del crocifisso nelle classi era «un fatto naturale» in quanto il crocifisso non era soltanto un simbolo religioso ma anche «il simbolo della Chiesa Cattolica», che è la sola Chiesa nominata nella Costituzione (articolo 7). Occorreva dunque dedurne che il crocifisso era indirettamente un simbolo dello Stato italiano.

Con un’ordinanza del 15 dicembre 2004 n. 389, la Corte Costituzionale si definiva incompetente, dato che le disposizioni nella controversia in essere non erano leggi dello Stato, ma regolamenti che non avevano forza di legge.

La procedura dinanzi al Tribunale amministrativo quindi riprendeva.

Con una sentenza del 17 marzo 2005 n. 1110, il Tribunale amministrativo respinse il ricorso della ricorrente. Riteneva che il crocifisso fosse allo stesso tempo il simbolo della storia e della cultura italiane, e quindi dell’ identità italiana, e il simbolo dei principi di uguaglianza, di libertà e di tolleranza come pure della laicità dello Stato.

La ricorrente faceva ricorso dinanzi al Consiglio di Stato.

Con una sentenza del 13 febbraio 2006, il Consiglio di Stato respingeva il ricorso, poiché ritemeva che il crocifisso era diventato uno dei valori laici della Costituzione italiana e rappresentava i valori della vita civile.

IL DIRITTO E LA PRATICA NAZIONALE PERTINENTE

L’ obbligo di esporre il crocifisso nelle aule risale a un’epoca precedente all’unità d’Italia.

Infatti, l’articolo 140 del Regio Decreto n. 4336 del 15 settembre 1860 del Regno di Piemonte e Sardegna stabiliva che «ogni scuola dovrà senza difetto essere fornita (…) di un crocifisso».

Nel 1861, anno di nascita dello Stato italiano, lo Statuto del Regno di Piemonte e Sardegna diventava lo Statuto italiano.

Enunciava tra l’altro che che «la religione cattolica apostolica e romana (era) la sola religione d Stato. Gli altri culti esistenti (erano) tollerati in conformità con la legge».

La presa di Roma da parte dell’esercito italiano, il 20 settembre 1870, a seguito del quale Roma fu proclamata capitale del nuovo Regno d’ Italia, causò una crisi delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica.

Con la legge n. 214 del 13 maggio 1871, lo Stato italiano regolamentò unilateralmente le relazioni con la Chiesa ed accordò al Papa un certo numero di privilegi per lo svolgimento regolare dell’attività religiosa.

All’avvento del fascismo lo Stato adottò una serie di circolari miranti a fare rispettare l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule.

La circolare del ministero della Pubblica istruzione n. 68 del 22 novembre il 1922 recitava: «In questi ultimi anni, in molte scuole primarie del Regno l’immagine di Cristo ed il ritratto del Re sono stati tolti. Ciò costituisce una violazione manifesta e non tollerabile e soprattutto un danno alla religione dominante dello Stato così come all’unità della nazione. Intimiamo allora a tutte le amministrazioni comunali del regno l’ordine di ristabilire nelle scuole che ne sono sprovviste i due simboli incoronati della fede e del sentimento patriottico».

La circolare del ministero della Pubblica Istruzione n. 2134-1867 del 26 maggio 1926 affermava: «Il simbolo della nostra religione, tanto per la fede quanto per il sentimento nazionale, esorta e ispira la gioventù che nelle università e negli altri istituti superiori affina il suo spirito e la sua intelligenza in previsione delle alte cariche alle quali è destinata».

L’articolo 118 del Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924 (regolamento interno degli istituti d’istruzione secondari del Regno) recitava: «Ogni scuola deve avere la bandiera nazionale, ogni aula il crocifisso e il ritratto del Re».

L’articolo 119 del Regio Decreto n. 1297 del 26 aprile 1928 (Approvazione di regolamento generale dei servizi d’insegnamento elementare) stabiliva che il crocifisso era fra «le attrezzature e materiali necessari alle sale di classe di scuole».

Le successive leggi nazionali Italiane non hanno mai abolito queste due disposizioni rimaste dunque sempre in vigore e applicabili al caso di specie.

I Patti Lateranensi, firmati l’11 febbraio 1929, segnarono la Conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

Il cattolicesimo fu confermato come la religione ufficiale dello Stato italiano.

L’articolo 1 del Trattato era così formulato: «L’Italia riconosce e ribadisce il principio stabilito dall’articolo 1 dello Statuto Albertino del 4 marzo 1848, secondo ol quale la religione cattolica, Apostolica e Romana è la sola religione di Stato.

Nel 1948 lo Stato italiano adottava la Costituzione repubblicana. L’articolo 7 di questa riconosceva esplicitamente che «lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel suo ordine, indipendenti e sovrani. Le relazioni tra lo Stato e lo Chiesa cattolica è regolata dai Patti Lateranensi e le modifiche di questi accettate dalle due parti non non esigono procedura di revisione costituzionale‚. L’articolo 8 enunciava che le confessioni religiose diverse da quella cattolica «hanno il diritto di organizzarsi secondo i loro statuti, fintanto che non si oppongono all’ordinamento giuridico italiano». Le relazioni tra lo Stato e queste altre confessioni «sono stabilite dalla legge sulla base di intese con il loro rappresentanti».

A seguito della ratifica, con la legge n. 121 del 25 marzo 1985, della prima disposizione del protocollo addizionale al nuovo Concordato con il Vaticano del 18 febbraio 1984, i Patti Lateranensi del 1929 sono stati modificati. Il principio, proclamato nei Patti Lateranensi secondo cui la religione cattolica era la sola religione dello Stato italiano è stato abolito.

La Corte costituzionale italiana nella sua sentenza n. 508 del 20 novembre 2000 ha riassunto la sua giurisprudenza affermando che principi fondamentali di uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione (articolo 3 della Costituzione) e di eguale libertà di tutte le religioni dinanzi alla legge (articolo otto) stabilisce che l’atteggiamento dello Stato deve essere segnato da equidistanza e imparzialità, indipendentemente dal numero di membri di una religione o di un’altra (vedere sentenze n. 925/88; 440/95; 329/97) né dall’ampiezza delle reazioni sociali alla violazione di diritti dell’una o dell’ altra (vedere sentenza n. 329/97).

La protezione uguale della coscienza di ogni persona che aderisce a una religione è indipendente della religione scelta (vedere sentenza n. 440/95), cosa che non è in contraddizione con la possibilità di una diversa regolamentazione delle relazioni tra lo Stato e le varie religioni ai sensi degli articoli 7 e 8 della Costituzione.

Una tale posizione di equidistanza e di imparzialità è il riflesso del principio di laicità che per la Corte costituzionale ha natura «di principio supremo» (vedere sentenza n. 203/89; 259/90; 195/93; 329/97) e che caratterizza lo Stato in senso pluralista.

Le credenze, culture e tradizioni diverse devono vivere insieme nell’uguaglianza e nella libertà (vedere sentenza n. 440/95).

Nella sua sentenza n. 203 del 1989, la Corte costituzionale ha esaminato la questione del carattere non obbligatorio dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. In questa occasione, ha affermato che la Costituzione conteneva il principio di laicità (articoli 2,3,7,8,9,19 e 20) e che il carattere confessionale dello Stato era stato esplicitamente abbandonato nel 1985, ai sensi del protocollo addizionale ai nuovi accordi con la Santa Sede.

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole pubbliche, ha risposto con l’’ordinanza del 15 dicembre 2004 n. 389 (vedi sopra). Senza deliberare sul merito, ha dichiarato palesemente inammissibile la questione sollevata poiché essa aveva per oggetto delle disposizioni regolamentari, sprovviste di forza di legge, che quindi sfuggivano alla sua giurisdizione.

LA RICORRENTE
La ricorrente sostiene, nel suo nome e in nome dei suoi bambini, che l’esposizione del crocifisso nella scuola pubblica frequentata da questi ha costituito un’ingerenza incompatibile con il suo diritto di garantire loro un’istruzione e un insegnamento conformi alle sue convinzioni religiose e filosofiche ai sensi dell’articolo 2 del protocollo n. 1, disposizione che è formulata come segue: «Nessuno può vedersi rifiutare il diritto all’istruzione. Lo Stato, nell’ esercizio delle funzioni nel settore dell’istruzione e dell’insegnamento, rispetterà il diritto dei genitori a veder garantiti l’istruzione e l’insegnamento conformemente alle loro convinzioni religiose e filosofiche».

Inoltre la ricorrente adduce che l’esposizione del crocifisso va contro anche la sua libertà di pensiero e di religione stabilita dall’articolo 9 della Convenzione, che enuncia: «Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; questo diritto implica la libertà di cambiare religione o di convinzione, come pure la libertà di manifestare la sua religione o la sua convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o privato, con il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’ compimento dei riti. La libertà di manifestare la sua religione o le sue convinzioni non può essere oggetto di altre restrizioni rispetto a quelle che, previste dalla legge, costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubbliche, o alla protezione dei diritti e libertà degli altri».

La Corte constata che le obiezioni formulate dalla ricorrente non sono palesemente infondate ai sensi dell’articolo 35 comma 3 della Convenzione. Nota inoltre che dette obiezioni non hanno alcun formale motivo di irricevibilità. Occorre dunque dichiararli ammissibili.

La ricorrente ha fornito la cronistoria delle disposizioni pertinenti. Ella osserva che l’esposizione del crocifisso si fonda, secondo la giurisdizione nazionale italiana, su disposizioni del 1924 e del 1928 che sono sempre in vigore, benché precedenti sia la Costituzione italiana sia gli accordi del 1984 con la Santa Sede e il Protocollo addizionale a questi.

Ma le disposizioni controverse sono sfuggite al controllo di costituzionalità, poiché la Corte costituzionale non avrebbe potuto pronunciarsi sulla loro compatibilità con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano a causa della loro natura di regolamenti e non di leggi dello Stato.

Secondo la ricorrente, le disposizioni in causa sono l’eredità di una concezione confessionale dello Stato che si scontra oggi con il dovere di laicità di quest’ultimo e viola i diritti protetti dalla convenzione.

Secondo la ricorrente, esiste una “questione religiosa” in Italia, poiché, facendo obbligo di esporre il crocifisso nelle aule, lo Stato accorda alla religione cattolica una posizione privilegiata che si traduce in un’ingerenza dello Stato nel diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione della ricorrente eddei suoi bambini e nel diritto della ricorrente a istruire i suoi bambini conformemente alle sue convinzioni morali e religiose, come pure con una forma di discriminazione verso i non cattolici.

Secondo la ricorrente, il crocifisso ha in realtà soprattutto una connotazione religiosa. Il fatto che il crocifisso abbia altre “chiavi di lettura” non comporta la perdita della sua principale connotazione, che è religiosa.

Secondo la ricorrente, privilegiare una religione attraverso l’ esposizione di un simbolo dà la sensazione agli allievi delle scuole pubbliche – e in questo caso ai figli della ricorrente – che lo Stato aderisce a una specifica fede religiosa. Mentre in uno Stato di diritto nessuno dovrebbe percepire lo Stato come più vicino a una confessione religiosa che aun’altra, e soprattutto non le persone che sono più influenzabili a causa della loro giovane età.

Per la ricorrente, questa situazione ha tra l’altro alcune ripercussioni come una pressione incontestabile sui minori e dà la sensazione che lo Stato sia più lontano da quelli che non si riconoscono in questa confessione.

La nozione di laicità significa che lo Stato deve essere neutrale e dare prova di equidistanza rispetto a tutte le religioni, poiché non dovrebbe essere percepito come più vicino di alcuni cittadini che ad altri.

Secondo la ricorrente, lo Stato dovrebbe garantire a tutti i cittadini la libertà di coscienza, incominciando con un’istruzione pubblica atta a forgiare l’autonomia e libertà di pensiero della persona, nel rispetto dei diritti garantiti da Convenzione. Quanto al punto di sapere se un insegnante sarebbe libero di esporre altri simboli religiosi in una sala di classe, la risposta sarebbe negativa, visto l’assenza di disposizioni che lo permettono.

IL GOVERNO

Il governo sostiene che il problema sollevato dalla presente richiesta esce dal quadro propriamente giuridico per tracimare nel terreno della filosofia. Infatti si tratta di determinare se la presenza di un simbolo che ha un’origine e un significato religiosi è in sé una circostanza tale da influire sulle libertà individuali in modo incompatibile con la Convenzione.

Secondo il governo, se il crocifisso è certamente un simbolo religioso, riveste tuttavia anche altri significati. Avrebbe anche un significato etico, comprensibile ed apprezzabile indipendentemente dall’adesione alla tradizione religiosa o storica poiché evoca principi che possono essere condivisi anche da quanti non professano la fede cristiana (non violenza, uguale dignità di tutti gli esseri umani, giustizia, primato dell’individuo sul gruppo, amore per il prossimo e perdono dei nemici).

Secondo il governo, i valori chi fondano oggi le società democratiche hanno la loro origine anche nel pensiero di autori non credenti e lontani dal cristianesimo: tuttavia, secondo il governo, il pensiero di questi autori sarebbe intriso di filosofia cristiana, a causa della loro istruzione e dell’ambiente nel quale sono stati formati.

In conclusione, i valori democratici oggi affonderebbero le loro radici in un passato più lontano, quello del messaggio evangelico. Il messaggio del crocifisso sarebbe dunque secondo il governo un messaggio umanista, che può essere letto in modo indipendente della sua dimensione religiosa, costituito da un insieme di principi ed di valori che formano la base delle nostre democrazie. Il crocifisso, rinviando a questo messaggio, sarebbe perfettamente compatibile con la laicità e accettabile anche dai non cristiani e dai non credenti, che possono accettarlo nella misura in cui evoca l’origine di questi principi e di questi valori.

Secondo il governo, in conclusione, potendo il simbolo del crocifisso essere percepito come sprovvisto di significato religioso, la sua esposizione in un luogo pubblico non costituirebbe in sé un danno ai diritti e alla libertà garantiti dalla Convenzione.

Secondo il governo, questa conclusione sarebbe consolidata dall’analisi della giurisprudenza della Corte che esige un’ingerenza molto più attiva della semplice esposizione di un simbolo per constatare un limite ai diritti e alla libertà.

Così, secondo il governo, c’è ad esempio un’ingerenza attiva che ha comportato la violazione dell’articolo 2 del protocollo n. 1 nel procedimento Folgerø (Folgerø ed altri c. Norvegia, (GC), n. 15472/02, CEDU 2007-VIII). In questo caso invece non è indiscussione la libertà di aderire o meno a una religione, poiché in Italia questa libertà è interamente garantita.

Non si tratta neppure, secondo il governo, della libertà di praticare una religione o di non praticarne nessuna: il crocifisso infatti è sì esposto nelle aule ma non viene in alcun modo chiesto agli insegnanti o agli allievi di fare il segno della croce, né di omaggiarlo in alcun modo, né tantomeno di recitare preghiere in classe.

In realtà, nota il governo, non è neppure richiesto loro di prestare alcuna attenzione al crocifisso.

Infine, la libertà di istruire i bambini conformemente alle convinzioni dei genitori secondo il governo non è in causa: l’insegnamento in Italia è completamente laico e pluralistico, i programmi scolastici non contengono alcuna vicinanza a una religione particolare e l’ istruzione religiosa è facoltativa.

Riferendosi alla sentenza Kjeldsen, Busk Madsen e Pedersen, (7 dicembre 1976, serie A n. 23), nella quale la Corte non ha constatato una violazione, il governo sostiene che, quale che sia la sua forza evocatrice, un’immagine non è paragonabile all’impatto di un comportamento attivo, quotidiano e prolungato nel tempo come l’insegnamento.

Inoltre, secondo il governo, chiunque ha la possibilità di fare istruire i suoi bambini in una scuola privata o in casa, da parte di precettori.

Secondo il governo, le autorità nazionali usufruiscono di un grande margine di valutazione per questioni così complesse e delicate, strettamente legate a cultura e alla storia. L’esposizione di un simbolo religioso in luoghi pubblici non eccederebbe questo margine di valutazione lasciato agli Stati.

Ciò sarebbe tanto vero, secondo il governo, in quanto in Europa esiste una varietà di atteggiamenti in materia. A titolo d’esempio, in Grecia tutte le cerimonie civili e militari prevedono la presenza e la partecipazione attiva di un ministro del culto ortodosso; inoltre, il Venerdì santo, il lutto nazionale sarebbe proclamato e tutti gli uffici e commerci sarebbero chiusi, come avviene in Alsazia.

Secondo il governo, l’esposizione del crocifisso non mette in causa la laicità dello Stato, principio che è iscritto nella Costituzione e negli accordi con la Santa Sede. Non sarebbe neppure, secondo il governo, il segno di una preferenza per una religione, perché ricorderebbe solo una tradizione culturale e dei valori umanisti condivisi da altre persone rispetto ai cristiani.

In conclusione, l’esposizione del crocifisso secondo il governo, non va contro il dovere di imparzialità e di neutralità dello Stato.

D’altra parte, nota il governo, non esistono criteri europei stabiliti sul modo d’interpretare concretamente la nozione di laicità, e quindi gli Stati hanno un ampio margine discrezionale in materia.

Più precisamente, se esiste un criterio europeo sul principio della laicità dello Stato, non ce ne sono invece sulle sue implicazioni concrete e sulla sua attuazione.

Il governo chiede alla Corte di dare prova di prudenza e di astenersi quindi dal dare un contenuto preciso che va a proibire la semplice esposizione di simboli. Altrimenti, darebbe un contenuto materiale predeterminato al principio di laicità, cosa che andrebbe contro la diversità legittima degli approcci nazionali e condurrebbe a conseguenze imprevedibili.

Il governo non sostiene quindi che sia necessario, opportuno o auspicabile mantenere il crocifisso nelle sale di classe, ma semplicemente sostiene che la scelta di mantenerlo o no dipende dalla politica e risponde dunque a criteri di opportunità, e non di legalità.

Nell’evoluzione storica del diritto nazionale descritta dalla ricorrente, che il governo non contesta, occorre tuttavia capire – secondo il governo – che la Repubblica italiana, benché laica, ha deciso liberamente di conservare il crocifisso nelle aule per varie ragioni, fra cui la necessità di trovare un compromesso con le componenti di ispirazione cristiana che rappresentano una parte essenziale della popolazione e con il sentimento religioso di queste componenti.

Quanto a sapere se un insegnante sarebbe libero di esporre altri simboli religiosi in un’aula, secondo il governo, nessuna disposizione la proibirebbe.

In conclusione, il governo chiede alla Corte di respingere la richiesta.

IL PARTECIPANTE TERZO

Il Greek Helsinki monitor (“GHM”) contesta le tesi del governo. La croce, e più ancora il crocifisso, secondo il GHM non può che essere percepito come simbolo religioso.

Il GHM contesta così la dichiarazione secondo la quale occorre vedere nel crocifisso un simbolo diverso da quello religioso e in particolare un emblema condiviso di valori umanisti; ritiene anzi che simile posizione sia offensiva per la Chiesa.

Inoltre, il governo italiano non ha indicato un solo non-cristiano che sarebbe d’ accordo con questa teoria.

Infine, tutte le altre religioni vedono nel crocifisso niente altro che un simbolo religioso.

Se si segue l’ argomentazione del governo secondo la quale l’esposizione del crocifisso non richiede né alcun omaggio né alcuna attenzione, sostiene il GHM, occorrerebbe chiedersi allora perché il crocifisso viene esposto.

L’esposizione di tale simbolo potrebbe essere percepito come una “venerazione istituzionale” di quest’ultimo.

A tale riguardo, il GHM osserva che, secondo i principi direttivi di Toledo sull’insegnamento relativo alle religioni e convinzioni nelle scuole pubbliche (Consiglio di esperti sulla libertà di religione e di pensiero dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – “OSCE”), la presenza di tale simbolo in una scuola pubblica può costituire una forma d’insegnamento implicito di una religione, ad esempio dando l’impressione che questa religione particolare è favorita rispetto alle altre.

Se la Corte, nel procedimento Folgerø, ha affermato che la partecipazione ad attività religiose può esercitare un’influenza sui bambini, allora, secondo il GHM, l’ esposizione di simboli religiosi può anch’essa averne una.

Occorre anche pensare a situazioni dove i bambini o i loro genitori potrebbero avere timore di ritorsioni nel caso decidessero di protestare.

VALUTAZIONE DELLA CORTE

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 2 del protocollo n. 1, nell’esercizio delle funzioni che lo Stato assume nel settore dell’istruzione e dell’insegnamento, la Corte ha individuato nella sua giurisprudenza i principi ricordati sotto che sono pertinenti nel presente procedimento (vedere, in particolare, Kjeldsen, Busk Madsen e Pedersen c. Danimarca, sentenza del 7 dicembre 1976, serie A n. 23, pp 24-28, §§ 50-54, Campbell e Cosans c. Regno Unito, sentenza del 25 febbraio 1982, serie A n. 48, pp 16-18, §§ 36-37, Valsamis c. Grecia, sentenza del 18 dicembre 1996, raccolta delle sentenze e decisioni 1996-VI, pp 2323-2324, §§ 25-28, e Folgerø ed altri c. Norvegia [GC], 15472/02, CEDH 2007-VIII, § 84). (a)

Occorre leggere le due frasi dell’articolo 2 del protocollo n. 1 alla luce non soltanto l’una dell’altra, ma anche, in particolare, degli articoli 8, 9 e 10 della Convenzione.

Sul diritto fondamentale all’istruzione si innesta infatti il diritto dei genitori al rispetto delle loro convinzioni religiose e filosofiche e la prima frase non distingue più della seconda tra l’insegnamento pubblico e l’insegnamento privato. La seconda frase dell’articolo 2 del protocollo n. 1 mira a salvaguardare la possibilità di un pluralismo educativo, essenziale alla preservazione della società democratica così come la concepisce la Convenzione.

A causa dei poteri di uno Stato moderno, è soprattutto l’istruzione pubblica che deve realizzare quest’obiettivo.

Il rispetto delle convinzioni dei genitori deve essere reso possibile nel quadro di un’istruzione capace di garantire un ambiente scolastico aperto e favorendo l’inclusione piuttosto che l’esclusione, indipendentemente dall’origine sociale degli allievi, delle loro credenze religiose o dalla loro origine etnica.

La scuola non dovrebbe essere il teatro di attività di proselitismo o predicazione.

Dovrebbe essere un luogo di unione e confronto di varie religioni e convinzioni filosofici, dove gli allievi possono acquisire conoscenze sulle diverse tradizioni.

La seconda frase dell’articolo 2 del protocollo n. 1 implica che lo Stato, date le sue funzioni in materia d’ istruzione e d’ insegnamento, vigila affinché le informazioni o le conoscenze che appaiono nei programmi siano diffuse in modo oggettivo, critico e pluralistico.

L’articolo proibisce agli Stati di perseguire un obiettivo di indottrinamento, anche non rispettando le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori.

Questo è un limite da non superare.

Il rispetto delle convinzioni religiose dei genitori e dei bambini implicano il diritto di credere in una religione o di non credere in alcuna religione.

La libertà di credere e la libertà non di credere sono entrambe protette dall’articolo 9 della Convenzione.

Il dovere di neutralità e di imparzialità dello Stato è incompatibile con un potere qualunque di valutazione da parte di quest’ultimo sulla legittimità delle convinzioni religiose o delle modalità di espressione di queste. Nel contesto dell’insegnamento, la neutralità dovrebbe garantire il pluralismo (Folgero, cit., § 84).

Per la Corte, queste considerazioni conducono all’obbligo per lo Stato di astenersi dall’imporre, anche indirettamente, credenze nei luoghi dove le persone sono dipendenti dallo Stato o anche nei posti in cui le persone possono essere particolarmente infuenzabili.

L’istruzione dei bambini rappresenta un settore particolarmente sensibile poiché, in questo caso, il potere dello Stato è imposto verso coscienze che mancano ancora (secondo il livello di maturità del bambino) della capacità critica che permette di prendere distanza rispetto al messaggio che deriva da una scelta preferenziale manifestata dallo Stato in materia religiosa.

Applicando i principi qui sopra al presente procedimento, la Corte deve esaminare la questione intesa ad accertare se lo Stato, imponendo l’esposizione del crocifisso nelle aule, ha vegliato o meno nell’esercizio delle sue funzioni di istruzione e di insegnamento affinché le conoscenze siano diffuse in modo oggettivo, critico e pluralistico e quindi se ha o no rispettato le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori, secondo l’ articolo 2 del protocollo n. 1.

Per esaminare la questione, la Corte considererà in particolare la natura del simbolo religioso e il suo impatto su allievi di una giovane età, in questo caso i figli della ricorrente.

Infatti, nei paesi in cui la grande maggioranza della popolazione aderisce a una religione precisa, la manifestazione dei riti e dei simboli di questa religione, senza restrizione di luogo e di forma, può costituire una pressione sugli allievi che non praticano non la suddetta religione o su quelli che aderiscono a un’altra religione (Karaduman c. Turchia, decisione della Commissione del 3 maggio 1993).

Il governo giustifica l’obbligo (o il fatto) di esporre il crocifisso riferendosi al messaggio morale positivo della fede cristiana, che arriverebbe quindi a esprimere i valori costituzionali laici. Inoltre il crocifisso sarebbe una componente della storia italiana e della tradizione del paese. Attribuisce quindi al crocifisso un significato neutrale e laico in riferimento alla storia e alla tradizione italiane, strettamente legate al cristianesimo.

Il governo sostiene che il crocifisso è un simbolo religioso ma può anche rappresentare altri valori (vedere Tar del Veneto, n. 1110 del 17 marzo 2005, § 16, paragrafo 13 sopra).

Secondo questa Corte il simbolo del crocifisso ha una pluralità di significati, fra i quali il significato religioso è tuttavia predominante.

La Corte considera che la presenza del crocifisso nelle aule va al di là del semplice impiego di simboli in contesti storici specifici.

La Corte ha ritenuto in passato che il carattere tradizionale, nel senso sociale e storico, di un testo utilizzato dai parlamentari per prestare giuramento non privava il giuramento della sua natura religiosa (Buscarini ed altri c. San Marino (GC), n. 24645/94, CEDU 1999-I). 53.

La ricorrente adduce che il simbolo urta le sue convinzioni e viola il diritto dei suoi bambini di non professare la religione cattolica. Il suo convincimento ha un grado di serietà e di coerenza sufficiente perché la presenza obbligatoria del crocifisso possa essere ragionevolmente rienuta in conflitto con questo.

La ricorrente vede nell’esposizione del crocifisso il segno che lo Stato favorisce la religione cattolica.

Tale è anche il significato ufficialmente preso in considerazione nella Chiesa cattolica, che attribuisce al crocifisso un messaggio fondamentale.

Di conseguenza, l’apprensione della ricorrente non è arbitraria.

Le convinzioni della signora Lautsi riguardano così l’impatto dell’esposizione del crocifisso sui suoi bambini (paragrafo 32 sopra), all’epoca di undici e tredici anni.

La Corte riconosce che, per come viene esposto, è impossibile non osservare il crocifisso nelle aule.

Nel contesto dell’istruzione pubblica, questo è necessariamente percepito come parte integrante dell’ambiente scolastico e può di conseguenza essere considerato come “un segno esterno forte” (Dahlab c. Svizzera (dic.), n. 42393/98, CEDU 2001-V).

La presenza del crocifisso può facilmente essere considerata da allievi di qualsiasi età un segno religioso e questi si sentiranno quindi istruiti in un ambiente scolastico influenzato da una religione specifica.

Ciò che può essere gradito da alcuni allievi religiosi, può essere sconvolgente emotivamente per allievi di altre religioni o per coloro che professano nessuna religione.

Questo rischio è particolarmente presente negli allievi che appartengono a minoranze religiose.

La cosiddetta “libertà negativa” non è limitata all’assenza di servizi religiosi o di insegnamenti religiosi. Essa si estende alle pratiche e ai simboli che esprimono, in particolare o in generale, una credenza, una religione o lo stesso ateismo.

Questo diritto negativo merita una protezione particolare se è lo Stato che esprime una credenza e se la persona è messa in una situazione di cui non può liberarsi o soltanto con degli sforzi e con un sacrificio sproporzionati.

L’esposizione di uno o più simboli religiosi non possono giustificarsi né con la richiesta di altri genitori che desiderano un’istruzione religiosa conforme alle loro convinzioni, né – come il governo sostiene – con la necessità di un compromesso necessario con le componenti di ispirazione cristiana.

Il rispetto delle convinzioni di ogni genitore in materia di istruzione deve tenere conto del rispetto delle convinzioni degli altri genitori.

Lo Stato è tenuto alla neutralità confessionale nel quadro dell’istruzione pubblica obbligatoria dove la presenza ai corsi è richiesta senza considerazione di religione e che deve cercare di insegnare agli allievi un pensiero critico.

La Corte non vede come l’esposizione nelle aule di scuole pubbliche di un simbolo che è ragionevole associare al cattolicesimo (la religione maggioritaria in Italia) potrebbe servire al pluralismo educativo che è essenziale alla preservazione d’ una società democratica come la concepisce la Convenzione, e alla preservazione del pluralismo che è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale nel diritto nazionale.

La Corte ritiene che l’esposizione obbligatoria di un simbolo confessionale nell’esercizio del settore pubblico relativamente a situazioni specifiche che dipendono dal controllo governativo, in particolare nelle aule, viola il diritto dei genitori di istruire i loro bambini secondo le loro convinzioni e il diritto dei bambini scolarizzati di credere o non di credere.

La Corte considera che questa misura violi questi diritti poiché le restrizioni sono incompatibili con il dovere che spetta allo Stato di rispettare la neutralità nell’esercizio del settore pubblico, in particolare nel settore dell’ istruzione.

Perciò la Corte stabilisce che in questo caso c’è stata violazione dell’articolo 2 del protocollo n. 1 e dell’ articolo 9 della Convenzione.

La ricorrente sostiene inoltre che l’ingerenza viola anche il principio di non discriminazione, secondo l’ articolo 14 della convenzione.

Il governo contrasta questa tesi.

La Corte constata che quest’obiezione non è palesemente infondata ai sensi dell’articolo 35 comma 3 della Convenzione. Nota inoltre che non si presenta alcuna altra ragione d’irrecevibilità. Occorre dunque dichiararla ammissibile.

Tuttavia, in considerazione delle circostanze del presente procedimento e del ragionamento che l’ha condotta a constatare una violazione dell’articolo 2 del Protocollo n. 1 combinato con l’ articolo 9 della Convenzione, la Corte ritiene che non vi sia motivo di esaminare la questione anche per quanto riguarda l’articolo 14, preso isolatamente o combinato con le disposizioni sopra.

Alla fine dell’articolo 41 della Convenzione si dice che «se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto nazionale dell’alta parte contraente non permette di cancellare le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte danneggiata una soddisfazione equa».

La ricorrente sollecita il pagamento di una somma di almeno 10.000 EUR per pregiudizio morale. Il governo ritiene che una constatazione di violazione sarebbe sufficiente. In secondo luogo il governo sostiene che la somma richiesta è eccessiva e ne richiede il rifiuto o la riduzione secondo equità.

Dato che il governo italiano non ha dichiarato di essere pronto a rivedere le disposizioni che disciplinano la presenza del crocifisso nelle aule, la Corte ritiene che a differenza di ciò che fu il caso e Folgerø ed altri (sentenza summenzionata, § 109), la constatazione di violazione non può bastare in questa fattispecie.

Di conseguenza, deliberando secondo equità, accorda 5.000 EUR a titolo del pregiudizio morale.

La ricorrente chiede inoltre 5.000 EUR per le spese e costi impegnati nella procedura a Strasburgo.

Il governo osserva che la ricorrente non ha sostenuto la sua domanda e suggerisce il rifiuto di questa.

Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente non può ottenere il rimborso delle sue spese e dei suoi costi se non nella misura in cui si trovano stabiliti la loro realtà, la loro necessità e il carattere ragionevole del loro tasso. Nella fattispecie, la ricorrente non ha prodotto nessun documento giustificativo in appoggio della sua domanda di rimborso.

La Corte decide quindi di respingere questa richiesta.

La Corte giudica adeguato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse sulla facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti di percentuale.

PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’ UNANIMITÀ:

1. Dichiara la richiesta ammissibile.

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 2 del protocollo n. 1 esaminato con l’articolo 9 della Convenzione.

3. Stabilisce che non abbia luogo l’esame dell’obiezione riferita all’ articolo 14 preso isolatamente o combinato con l’articolo 9 della Convenzione e l’articolo 2 di Protocollo n. 1;

4. Stabilisce a) che lo Stato italiano deve versare alla ricorrente, entro tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva, in base all’articolo 44 comma 2 della Convenzione, 5.000 EUR (cinquemila euro), per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo d’imposta; b) che a partire dalla scadenza del suddetto termine e fino al pagamento, questo importo sarà da aumentare in base a un interesse semplice pari a un tasso uguale a quello di facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile per questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale.

La Corte respinge la domanda di soddisfazione equa per l’eccedenza.

Sentenza redatta in francese, quindi comunicata per iscritto il 3 novembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 commi 2 e 3 del regolamento.

giovedì 15 ottobre 2009

Santa prescrizione

Roma, 14 ott - La Corte di Appello di Roma ha emesso oggi sentenza nell'ambito del procedimento a carico del cardinale Roberto Tucci e del padre Pasquale Borgomeo per il reato di ''getto pericoloso di cose'' per le emissioni elettromagnetiche del Centro della Radio Vaticana di Santa Maria di Galeria.

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La Corte ha dichiarato di non dover procedere nei confronti del padre Borgomeo, perché deceduto nel frattempo, e nei confronti del cardinale Roberto Tucci per prescrizione.

Interrogato a proposito della sentenza, il direttore della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, ha dichiarato:

 ''La sentenza non ci soddisfa, perché ci aspettavamo il proscioglimento degli imputati perché il fatto non sussiste o comunque non costituiva reato. Tuttavia per una valutazione più approfondita occorre attendere il deposito delle motivazioni, che deve avvenire entro 60 giorni''.

Proprio incontentabili, non gli basta che dato i lunghi tempi (appositamente allungati?) se la siano cavata, pretendono pure di venire prosciolti, magari riescono pure a farsi rifondere qualcosa per averli disturbati!

martedì 13 ottobre 2009

Il protettore del padrino (di DON PAOLO FARINELLA)

A parte queste poche righe scritte di mio pugno mi limiterò a copia incollare quando DON PAOLO FARINELLA ha scritto in una lettera aperta indirizzata al suo superiore CARDINAL TARCISIO BERTONE!

 Padrino3

Care Amiche e cari Amici vi spedisco questo documento, sotto forma di lettera aperta: chi la condivide la condivide; chi non la condivide, la cestini. Non accetto discussioni in merito. Una volta pubblicata è patrimonio pubblico. Potete farne quello che volete. In caso mi servisse frutta in carcere, sappiate che sono diabetico e poso mangiare solo mele “Smith” o frutta equipollente. Un abbraccio a tutti.
Paolo Farinella, prete – Genova

Lettera aperta al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano di Paolo Farinella, prete

Sig. Cardinale,
Mercoledì 7 ottobre 2009 è stato un giorno memorabile e tragico. Memorabile perché una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il tentativo di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, corrotto e corruttore, di stravolgere lo stato di diritto, piegandolo ai suoi biechi e immorali interessi. Con il «Lodo Alfano», egli voleva la consacrazione costituzionale di essere l’«Unto di Dio» in terra. Che Berlusconi sia «unto» è fuori di ogni dubbio: unto di falsità, di immoralità, di corruzione, di furto, di evasione, di illegalità e di antidemocraticità. La sentenza della Corte, invece, ha restituito a noi cittadini comuni, l’orgoglio della dignità di appartenere ad una Repubblica, dove l’uguaglianza dei cittadini e la legalità sono ancora «principi non negoziabili». Con questa sentenza l’Italia è più forte e più libera.

Mercoledì 7 ottobre 2009, però, è stato anche un giorno tragico. Lei, sig. segretario di Stato Vaticano, nonostante la disapprovazione della Chiesa reale, ad ogni costo, ha voluto tagliare insieme a Berlusconi il nastro della mostra «Il Potere e la Grazia» a palazzo Venezia (ogni riferimento al passato è decisamente voluto). Che scena deprimente! Che spettacolo rozzo e indecoroso! Lei sapeva che «in quel giorno e in quelle ore», la Corte Suprema si sarebbe pronunciata e sapeva quali sarebbero state le reazioni di un uomo malato e fuori controllo (testimonianza della moglie), eppure non ha esitato ad aspettare e a rispettare la tempistica imposta da un giullare che da sempre ha identificato i suoi interessi con quelli del Paese.

Il presidente del consiglio, furibondo per non essere «più uguale degli altri», chiuso nel bunker insieme ai suoi disonorevoli dipendenti, sapendo che ormai non poteva sfruttare il tg1 minzoliniano, ormai fuori tempo massimo, ritarda volutamente l’apertura della mostra, costringendo lei ad aspettare i suoi comodi. Egli infatti varca la soglia di palazzo Grazioli, sede di meretricio istituzionale, nello stesso momento in cui inizia il tg4 di famiglia, consapevole che quelle primissime immagini avrebbero fatto il giro del mondo.

Come un cane, ferito all’improvviso, con uno stile da pescivendolo (con tutto il rispetto) più che da uomo di Stato, va all’attacco di tutti: lo tzunami della vergogna attraversa l’etere, una valanga di falsità e di fango schizza dappertutto: contro il Presidente della Repubblica, contro i Giudici Costituzionali (anche contro quei due con i quali ha condiviso una irrituale cena, prima della sentenza?), contro la guardia del corpo più alta di lui, contro la stampa, contro la televisione, contro la luna che si permetteva di sogghignare. Una scena invereconda.

«In quel giorno», il 7 ottobre 2009, la prudenza clericale e diplomatica avrebbe voluto che lei stesse defilato, magari in qualche cappella a pregare per la «serva Italia di dolore ostello / nave sanza nocchiere in gran in gran tempesta / non donna di provincie, ma bordello» (Dante, Purg. II, 6,76-78). Invece?… Invece, lei, sig. cardinale, stava lì, come un compare di nozze, accanto all’«utilizzatore finale» di prostitute a pagamento. Egli da solo ha calpestato tutti «i principi etici non negoziabili» con cui lei è solito pontificare; tutti i principi della dottrina sociale della Chiesa che ogni tanto lei rispolvera per darsi un contegno; tutti i valori etici per cui il Vaticano e la Cei avete anche organizzato una manifestazione di massa, il Family-Day, a cui ha partecipato anche il frequentatore di minorenni, divorziato e strenuo difensore della «famiglia», senza che nessuno lo accompagnasse in qualche strada adiacente; tutti i principi, i valori, le regole e il metodo che il papa predica e la Cei descrive nel documento «Educare alla legalità» (1991-2000), che avete abortito prima ancora che nascesse.

Tutto ha corrotto il Corruttore, anche le coscienza del popolo cattolico che, su vostra indicazione, lo vota in massa, senza nemmeno turarsi il naso. Lei stava lì come un protettore che mette il cappello sul proprio protetto, mandando un messaggio mediatico trasversale dentro e fuori i palazzi: Berlusconi è sotto la protezione del Vaticano e non si tocca, come lei aveva fatto con Giovanni Profiti, indagato a Genova e promosso a presidente dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, di proprietà del Vaticano. Si direbbe che lei sia attratto dalla recidività: lei, infatti, va a braccetto di Berlusconi, nonostante sia corrotto, nonostante abbia corrotto, nonostante frequenti minorenni, nonostante favorisca e alimenti la prostituzione, nonostante sia evasore, nonostante sia piduista, nonostante sia Berlusconijad, nonostante abbia impoverito l’Italia dentro l’abbia umiliata fuori, all’estero, dove stampa ed economia chiedono a gran voce le dimissioni.

A lei, sig. cardinale, che gliene cale? L’importante è portare a casa, a costo zero, qualche legge che domani un altro governo eliminerà. Ah, la lungimiranza della diplomazia vaticana, un tempo mito ineguagliabile di accortezza serpentina, oggi ridotta a comparsa nel ridotto del berlusconismo, mito dell’anticristianesimo.

Il mondo ha visto che il presidente del consiglio, vergogna internazionale della Repubblica italiana, certo ormai del padrinaggio vaticano, ha osato dirle davanti a tutti che in quella mostra mancava un quadro: «quello di San Silvio da Arcore» e lei, con il sorriso di prassi (diplomaticamente ebete), è rimasto allampanato, incapace di infilargli una mano in bocca e strappargli la lingua. Lei annuiva, restando immobile, che è il top della diplomazia e della falsità proterva e bugiarda. Io non so se lei si sia reso conto del danno che ha provocato alla Chiesa universale e alla Chiesa che è in Italia in modo particolare.

Con la sua presenza «in quel giorno e a quell’ora», senza che Berlusconi ammettesse i suoi errori e chiedesse scusa agli Italiani e alle Italiane dei suoi comportamenti non privati, ma di presidente del consiglio in carica in luoghi protetti dal «segreto di Stato», lei ha posto la premessa formale per sette conseguenze inevitabili, che peseranno sulla sua coscienza e di cui dovrà rendere conto a quel Dio in cui dice di credere:

a) Lei ha avallato la tesi del presidente del consiglio che afferma di essere orgoglioso dei suoi comportamenti perché gli Italiani vogliono essere come lui. In questo modo lo propone a tutti come MODELLO. Lei insieme a Berlusconi, due giorni dopo una sentenza di un sovrano tribunale che lo giudica corruttore di giudici e nel giorno in cui la Corte Suprema lo spoglia della sua pretesa e mafiosa superiorità, rendendolo semplicemente cittadino tra i cittadini, autorizza tutti gli Italiani e le Italiane a imitarlo perché che altro significa la sua presenza se non la santificazione di un uomo perverso e del suo sistema d’impunità immorale?

b) Lei ha dato vigore e densità alla pazzia di un uomo che non esita a gettare la Nazione in una guerra civile pur di salvarsi da tutte le sue ignominie e dai tribunali, anche per fatti commessi prima che diventasse deputato e presidente del consiglio. Come nel 1929 fu solo il Vaticano a riconoscere il governo di Mussolini e la sua dittatura fascista, così nel 2009, esattamente dopo 80 anni, è ancora il Vaticano a togliere d’impiccio istituzionale un governo e un indegno presidente del consiglio condannato dal mondo intero.

c) Lei con questa sua presenza, «in quel giorno e in quelle condizioni», ha perso ogni dignità etica di parlare di mortalità e di spiritualità perché non ha esitato, sul modello della migliore tradizione mafiosa, a dire al mondo intero che un mafioso, amico dei mafiosi e protettore di mafiosi, corruttore, evasore (con tutto il resto), è protetto dalla Sacra Famiglia Vaticana. E’ possibile che lei rappresenti uno Stato estero, è impossibile che possa, anche per sbaglio, rappresentare la Chiesa di Cristo.

d) Lei con la sua presenza a quella mostra ha assolto di fatto Berlusconi, all’insegna del «siamo pratici, ovvia!», rinnegando anche le condizioni etiche e sacramentali che la Chiesa impone ai poveri diavoli. Lei ha disonorato tutti i credenti che faticano giorno per giorno a conciliare quello che voi dite con le difficoltà della vita. Forse abbiamo sbagliato interpretazione del vangelo e correggerlo con «i ricchi li avrete sempre con voi», al posto di «i poveri li avrete sempre con voi». Personalmente ritengo che lei, in coscienza, non possa celebrare la Messa senza commettere sacrilegio e vilipendio della dottrina cattolica.

e) Lei apparendo accanto all’Indecenza personificata, non solo ne diventa complice e coartefice, ma autorizza centinaia e centinaia di persone credenti e non credenti a diffidare di una gerarchia collusa con il potere e il malaffare, esortando i molti che sono sulla soglia, invitandoli a lasciare la Chiesa, sbattezzandosi come atto formale, unica arma di autodifesa nei vostri confronti che ascoltate solo il richiamo del corrotto potere.

f) Lei ha dato l’avallo ai giorni tristi che ci attendono perché l’uomo è senza coscienza di Stato.

g) Lei è colpevole se le offerte dell’8xmille diminuiranno ancora e deve sapere che ne è stato e ne è la causa efficiente. Da alcuni anni le offerte diminuiscono sempre di più e sulla mia strada incontro sempre più persone che dichiarano di firmare per altre realtà religiose, perché non vogliono essere complici di una clero e di una gerarchia che ha tradito il Vangelo.

Come prete di strada, come credente nel Gesù del Vangelo e come cittadino che ama il suo Paese, senza esserne schiavo, mi permetta di dirle con chiarezza: lei non mi rappresenta più (veramente non mi ha mai rappresentato, nemmeno quando era vescovo di Genova) e sono fiero di rifiutare e ripudiare il suo modello e quello che lei propone, proteggendolo: il berlusconismo che è l’indecenza che corrompe la nostra Nazione e corrode il nostro futuro. Intanto il territorio, dilapidato dai condoni edilizi, si frantuma, i precari, i licenziati, i tre milioni di poveri che vivono con 222,00 euro, gli sfrattati e gli immigrati uccisi, tutti in coro ringraziano anche lei che, ora con certezza, «sappiamo da che parte sta».

Con disistima,

Genova, 8 ottobre 2009

Paolo Farinella, prete

domenica 6 settembre 2009

E luce fu!

Nel messaggio del pontefice, atto a ricordare la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE che si terra il 18 ottobre, questi ricorda che:

Scopo della missione della Chiesa infatti è di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli nel loro cammino storico verso Dio, perché in Lui abbiano la loro piena realizzazione ed il loro compimento. Dobbiamo sentire l’ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa.

ora, io non vorrei apparire per il solito anticlericale di turno, ma quando questa figura parla di illuminare, a me vengono in mente dei precisi sistemi per rischiarare la notte!

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mercoledì 12 agosto 2009

SUPERENALOTTO il gioco del diavolo?

Sua eminenza l’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi, più noto per le cronache giudiziarie che per quelle legate all’ecumenismo, è stato infatti coinvolto due volte nelle indagini su reati contro il patrimonio.

Nel 2002 fu indagato per peculato nell'ambito dell'inchiesta sullo storno di fondi pubblici destinati alla fondazione "Regina Pacis" che gestisce l'omonimo centro di permanenza temporanea, venendo poi assolto nel 2005; in un'inchiesta correlata è stato peraltro condannato per diversi reati don Cesare Lodeserto, già presidente della Fondazione "Regina Pacis" e stretto collaboratore di monsignor Ruppi, che lo ha inviato in missione fidei donum in Moldavia, evitandogli il carcere.  Nel 2006 Ruppi è stato indagato per corruzione nell'ambito di un'inchiesta sulla sanità pugliese che ha coinvolto anche l'ex presidente della Regione Raffaele Fitto, amico di famiglia del prelato.

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Scopriamo scorrendo le pagine del SECOLO XXI che questa fulgida figura di prelato cattolico retto e meritorio di fiducia ha trovato un nuovo nemico per la chiesa cattolica, il gioco del SUPERENALOTTO.

«Occorre una legge o almeno un decreto legge per fermare il Superenalotto ……. la febbre del Superenalotto, che per alcuni è divenuta una vera idolatria, va fermata senza alcuna remora e quanto prima possibile»

Evidentemente ha paura che agli italiani non restino più denari a sufficienza da destinare per l’8x1000.

Sentenza discriminatoria?

Il TAR del Lazio con sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009 ha accolto due ricorsi (di alcuni studenti, supportati da diverse associazioni laiche e confessioni religiose non cattoliche) per l’annullamento delle Ordinanze ministeriali emanate dall’allora Ministro P.I. Fioroni per gli esami di Stato del 2007 e 2008 che prevedevano la valutazione della frequenza dell’insegnamento della religione cattolica ai fini della determinazione del credito scolastico, e la partecipazione “a pieno titolo” agli scrutini da parte degli insegnanti di religione.

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Dopo le prime dichiarazioni da alcuni esponenti del mondo politico quali Fioroni “Rispetto, com'è ovvio, la sentenza. Ho tuttavia dato attuazione a un quadro legislativo e a una normativa precedente e vigente”, dimenticando però che due anni fa fu proprio lui a chiedere al Consiglio di Stato, e con successo, la sospensione di una analoga sentenza del TAR la pasionaria del PD Binetti secondo la quale la sentenza avvallerebbe un criterio discriminatorio nei confronti dei docenti, perché creerebbe dei docenti di serie A e di serie B, alla quale sarebbe opportuno far notare che già esistono insegnanti di serie A e sono proprio quelli di religioni che non solo non devono sostenere nessun concorso pubblico per diventare di ruolo, ma semplicemente perché nominati dal vescovo di zona!

Scendono ora in campo anche la Commissione episcopale per l’educazione cattolica, nella persona di monsignor Coletti, tramite un intervista rilasciata a radio vaticana.

…. si tratta di un insegnamento da tutti riconosciuto come una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e, purtroppo, dobbiamo dire, con buona pace anche di tanti nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane.

Già qui marciamo male, e il rispetto (tanto avocato) verso altre culture NON cristiane?

per laicità si intende la giusta neutralità di una comunità civile, che, però, dovrebbe essere preoccupata di valorizzare tutte le identità, ciascuna a seconda del proprio peso e della propria rilevanza culturale

Chiaramente riferito solo ed unicamente alla religione cattolica romana ed apostolica, se invece pretendi di valorizzare una rilevanza culturale diversa, figliolo mettiti il cuore in pace  … ma soprattutto non rompere i coglioni!

Non credo che tocchi alla Chiesa come tale fare un ricorso. Tocca a cittadini italiani, più o meno organizzati in partiti o in associazioni culturali, esprimere il loro parere, il loro dissenso, di fronte ad una sentenza così povera di motivazioni. Credo che lo stesso Ministero dovrà fare un ricorso, perché ciò che è stato messo sotto accusa non è un’opinione della Chiesa o dei vescovi, ma è una circolare del Ministero e qualcosa che attiene all’organizzazione della scuola di Stato. Quindi, io credo che siano questi i soggetti che devono muoversi.

Sveglia! Monsignor Coletti, sono stati proprio dei cittadini italiani a esprimere il loro dissenso in merito ad una decisione del ministero, che mi permetta di ricordarlo, non è soggetto a leggi divine e quindi è fallibile, e mi si permetta di farle ulteriormente notare che le sentenza hanno valore anche quando non si allineano con le proprie idee!

martedì 11 agosto 2009

Faccia come il culo 2 il ritorno.

Durante l’angelus del 09 agosto 2009, il pontefice, come ebbe  già modo di fare, paragona ancora una volta l’ateismo al nazismo!

"I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell'inferno che si apre sulla terra quando l'uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte"

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Gli risponde questa volta il Rabbino di Roma DI SEGNI tramite un articolo intervista su LA STAMPA.

“La tesi cara a Benedetto XVI che il nazismo fosse ateo andrebbe approfondita meglio”: anzi, sarebbe un vero e proprio “mito da sfatare” afferma il rabbino ricordando anche sì che sul cinturone delle SS stava scritto “DIO è con noi”; sempre secondo il rabbino, B16 continuerebbe a interpretare il nazismo come “una banda di delinquenti che tenne in pugno l’intera nazione”, senza voler pertanto riconoscere le colpe del popolo tedesco.

Che dire evidentemente a B16, l’unica arma rimasta, non potendo più contare su un popolo di ignoranti pecoroni, risulta essere quella dello screditare l’avversario, salvo poi fare figure da cioccolataio una volta messo davanti all’evidenza!

venerdì 7 agosto 2009

Febbre maiala

Il giornale “Il sole 24 ore” del 5agosto 2009 ci informa che il caldo da alla testa!

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Pare infatti, secondo la notizia, che Israele ha pronto un sistema efficace per debellare la cosiddetta “febbre suina”,  il sistema è semplicissimo e non riesco a comprendere come non ci abbiano pensato anche altre eminenti figure.

Si prenda un aereo, lo si riempia di 50 rabbini cabalisti, che una volta raggiunta la quota di crociera, si metteranno a dar fiato ai corni e a recitare salmi mentre sorvolano la terra santa, per scongiurare (o almeno limitare) il contagio di questa nuova pestilenza.

Secondo il rabbino capo di Gerusalemme, Benayahu Shmueli, questa influenza non sarebbe altro che una “punizione divina”  per una colpa di cui si è macchiata l’umanità, tra le possibili cause di questo castigo non poteva mancare il “gay pride” definito “uno dei fenomeni oggi più abominevoli”.

Secondo me qualcuno si sta mangiando le pantofole (di Prada) per non aver avuto per primo la medesima idea, ma soprattutto per aver perso l’ennesima occasione per scagliarsi contro i gay!

domenica 2 agosto 2009

Venezia e i matrimoni omosessuali

In data 20 luglio 2009 è stata depositata alla Corte costituzionale una memoria da parte di una coppia di Venezia che aveva chiesto al Comune le pubblicazioni di matrimonio.

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Pubblicazioni che erano state rifiutate dall’ufficiale di stato civile, in quanto la coppia era composta da due maschietti (che convivono da ormai 20 anni), non contenti e soddisfatti del diniego ottenuto hanno presentato fatto ricorso al tribunale del capoluogo veneto, il quale a sua volta ha rimesso la questione alla Corte costituzionale, della quale si attende ora la sentenza.

A detto della corte lagunare, “la norma che esclude gli omosessuali dal diritto di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso non ha alcuna giustificazione razionale”.

Quel simpaticone di Carlo Giovanardi (PdL) ha attaccato i giudici definendoli “ideologicamente schierati”.

Vuoi mica mettere, essere “ideologicamente genuflessi” come il buon Giovanardi è tutto un altro paio di maniche

venerdì 31 luglio 2009

Invenzioni laiciste

BLOG Nei giorni scorsi, Barry Andrews ministro per l'infanzia, a seguito del rapporto RYAN dove si evidenziava un numero abnorme di casi in cui era coinvolto il clero irlandese, ha presentato un piano di protezione per le vittime degli abusi sessuali.

Il progetto che consta di 99 punti, comprenderebbe, secondo il giornale Ireland On-Line anche l'erezione di un monumento alle vittime, allo studio anche una giornata di lutto nazionale!

 

 

 

 

Quello che non capisco è: ma non erano tutte invenzioni dei laicisti?

martedì 21 luglio 2009

Ricorrenze mancate

Domani 22 luglio è sono passati ottocento da una grande vittoria cattolica sull’eresia; mi sembra strano che un così fulgido e meraviglioso evento non venga celebrato adeguatamente da B16 e dai suoi colleghi con la gonna!

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Nella regione della LINGUADOCA, vivevano tra i cattolici e senza che questo provocasse attrito fra la popolazione i seguaci del catarismo (altrimenti detti albigesi), un religione che predicava l’assoluta non violenza arrivando persino a non uccidere nemmeno gli animali

Cosi il buon Innocenzo III, decise nel 1208 di istituire la CROCIATA CONTRO GLI ALBIGESI, di questa crociata a fulgido esempio della carità che già allora permeava la chiesa ed il papa in particolare, resta famosa quanto accade il 22 luglio del 1209 nella cittadina di Bezier.

Questo ridente villaggio contava una popolazione di circa ventimila persone, di cui circa cinquecento professavano la fede catara, la popolazione si rifiutò da parte dei suoi abitanti, fedeli alla propria autonomia municipale e ai propri princìpi di tolleranza, di consegnare ai crociati i circa cinquecento sospetti di eresia di cui il vescovo Renaud de Montpeyroux aveva provveduto a stilare la lista.

Per questa ragione la città intera venne invasa dalle sante truppe e complementarmente decimata, non si salvò nessuno vennero uccisi “per volere di dio” uomini, donne, bambini ed infanti.

Dal poema “Chanson de la Croisade Albigeoise”

Corsero nella città [le armate dei Cattolici], agitando spade affilate, e fu allora che cominciarono il massacro e lo spaventoso macello. Uomini e donne, baroni, dame, bimbi in fasce vennero tutti spogliati e depredati e passati a fil di spada. Il terreno era coperto di sangue, cervella, frammenti di carne, tronchi senza arti, braccia e gambe mozzate, corpi squartati o sfondati, fegati e cuori tagliati a pezzi o spiaccicati. Era come se fossero piovuti dal cielo. Il sangue scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume.

Riportate dal cronista cistercense Cesario di Heisterbach, a spiegazione di tutto quanto, restano le parole dette dal legato pontifico Arnaud Amaury, che non potendo distinguere gli eretici dai cattolici ebbe a pronunciare la frase Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt eius (Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi)!

Eppure, ripeto, ho controllato ovunque, pure sul sito della Vaticano S.p.A. di questa gioiosa vittoria della chiesa sull’eresia sembra che si siano tutti dimenticati!

martedì 14 luglio 2009

Una grossa domanda …

Su un settimanale francese è apparsa, nella rubrica della posta la seguente lettera.

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Ossia:

Una grossa domanda ...
Io mi pongo una grossa domanda: le due o tre ore di diretta che ci vengono offerte settimanalmente dell'assemblea nazionale
(NOTA MIA l'equivalente delle nostre diretta dalle camere) sono per me il più serio dei programmi televisivi. Perché, dopo un po e ogni volta, vediamo, in basso a destra dello schermo, una giovane ragazza leggermente disturbata che non smette di agitarsi e continua a fare smorfie? Non soltanto questo è snervante, ma in molte occasioni questo mi fa ridere parecchio. Per favore, dobbiamo smettere di ridere dei nostri deputati riuniti in assemblea, non è occasione di divertimento, ma l'assemblea nazionale!                                                         M.Bernard B. (59780 Willems)

Dal giornale la semplice risposta

Quella giovane ragazza e là per tradurre nel linguaggio dei sordo muti, a favore dei telespettatore non udenti, quello che si dice all'assemblea nazionale!

Ora partendo dal presupposto che sei in grado di scrivere correttamente e che trovi interessanti la diretta dall'assemblea nazionale, si presuppone, esimia testa di cazzo, che tu abbia da tempo raggiunto la maggiore età. Fossi stato il giornalista che ti ha risposto avrei usato toni ben diversi per rimarcare lo stato di ignoranza in cui giaci!

venerdì 3 luglio 2009

Pubblicità truffaldina

la società ADISTA (agenzia di stampa con sede a Roma nata nell'ottobre del 1967 come voce del mondo cattolico di sinistra) da notizia che per la pubblicità del famigerato 8x1000 la chiesa catttolica ha speso la miserrima cifra di 20 milioni di EURO (Mica bruscolini)!

Penso che tutti abbiate in mente queste pubblicità, dove si vedonopreti sorridenti, in mezzo a gente con grande bisogno di aiuto, e l’invito a dargli i VOSTRI soldi.

Devo ammettere che già di mio guardo poco la tele, poi quando inizia la pubblicità di solito giro o faccio il classico zapping furioso, quindi può darsi che me ne sia perso qualcuno, non ho mai visto infatti  in questi post questi garruli elementi:

 

Padre Wenceslas Munyeshyaka

Per il BLOG 1 Ottimo prete di etnia Hutu, che in ossequio ala carità cristiana ha consegnato alla milizie centinaia di Tutsi, durante il tragico genocidio del 1994;  malgrado queste pie opere un perfido giudice (sicuramente un perfido anticlericale) lo ha condannato all’ergastolo.

 

Padre Athanase Seromba

Per il BLOG 2Quest’altro viso, pacifico e sereno, anche lui un buon pastore accusato (ingiustamente) di genocidio, crimini contro l’umanità, sterminio. Per cosa poi, per nulla, per poco più di uno scherzo  ossia aveva  attirato almeno 2000 tutsi nella sua cattedrale con il pretesto che li avrebbe salvati dai massacri organizzati dalle bande omicide hutu. Poi, mentre loro pregavano, ha chiuso a chiave le porte della chiesa, ha ordinato all’autista di un bulldozer di abbattere l’edificio mentre gli assassini sparavano e lanciavano granate dalle finestre.

 

Suor Maria Kisito Mukabutera e Suor Gertrude Consolata Mukangango

Per il BLOG Due suore, nulla di più bello e più puro di due donne che decidono di donare la propria vita a cristo e al prossimo ed a portare a tutti il suo insegnamento, come fecero con i 7000 (non è un errore intendevo proprio settemila) Tutsi che chiusero nel convento e a cui poi diedero fuoco. Anche qui sirte avversa sulla loro strada hanno trovato che non ha voluto che proseguissero in così tanto amorevoli gesti.

Insomma io questi negli spot dell’8x1000 non li ho mai visti, eppure mi sembra che abbiano fatto tanto per portare alto il dono di amore che rappresenterebbe il cristo! Secondo me l’agenzia di marketing vaticana dovrebbe rivedere qualcosina!

martedì 30 giugno 2009

Beati gli umili …

Durante la sua recente visita a San Giovanni Rotondo, il simpatico B16, ha inaugurato la cripta che accoglierà le spoglie si (San) Padre Pio.

Questa opera in omaggio al allo stile di vita tipico della comunità francescana è stata realizzata in ORO MASSICCIO!

Per il BLOG

Oro ottenuto in circa 20 anni di donazioni dei fedeli, che, probabilmente, speravano venisse usato per opere di bene, e non certo per una tomba faraonica dove celebrare l’ennesimo imbroglione!

Questa tomba mi ricorda il vitello d’oro che accolse Mosè quando scese dal Sinai, in quanto la chiesa cattolica, ormai, è più simile ai pagani che osteggiava piuttosto che agli insegnamenti che pretende di rappresentare!

Anche in ambienti cattolici la cripta fa storcere parecchio il naso!

domenica 28 giugno 2009

Una lapide per fra Dolcino

Per il BLOG



A fra DOLCINO
qui in Vercelli
dalla tirannide sacerdotale
attanagliato ed arso
il 1 giugno MCCCVII
per aver predicato
la pace e l’amore tra gli uomini
oggi che l’antica speranza
rivivente nei secoli
sta con la nuova era
per diventare realtà
1 giugno MCMVII

Un gruppo di cittadini vercellesi ha iniziato una raccolta di firme online perché venga esposta la lapide che commemora la figura di Fra Dolcino, amorevolmente arso sul rogo il 1 giugno 1307 dalla chiesa cattolica.

Riporto il testo della petizione e se desiderata questo è il LINK per poter apporre il vostro contributo.

Nel 1907 il movimento operaio vercellese dedicò una lapide a Fra Dolcino e volle collocata nella propria casa del popolo. Gli operai valsesiani, biellesi e vercellesi riconoscevano in Dolcino il simbolo di una rivolta le cui ragioni erano idealmente anche le loro.
La lapide a Dolcino, rimossa dai fascisti, fu ritrovata nel 1987 e portata al Museo Civico Leone. Da allora iniziò una lunga battaglia perché la lapide venisse ricollocata in un luogo pubblico.
Nel marzo dell’anno 2000 sembrava fosse giunto il momento quando la Giunta di centro sinistra, guidata dal Sindaco Bagnasco, autorizzò la sistemazione della lapide lungo lo scalone di ingresso del Municipio di Vercelli. Poco prima della fine dei lavori, però, la stessa Giunta decise di posare la lapide in un luogo assai più defilato rispetto alla posizione che tale simbolo meritava e che, ancora oggi, merita.
La Curia vercellese negò di aver esercitato pressioni, ma non nasconde la propria soddisfazione, come dichiarò monsignor Versaldi, per “l’interessamento” alla questione di alcuni consiglieri cattolici che sostenevano la giunta comunale vercellese.
Ancora oggi la scelta di “aver colto il dispiacere espresso da persone degne di essere ascoltare”, suona ancora come un’offesa al valore della laicità dello Stato, alle lotte dei lavoratori ed alla cultura del rispetto e della conoscenza. Infatti, proprio l’impegno di Fra Dolcino a rendere liberi gli uomini di vivere liberamente nel rispetto di Dio e dei propri simili (filosofia comune a gran parte dei movimenti pauperistici medioevali), getta le basi per la nascita della società moderna come oggi la conosciamo. Una società laica, garante dei diritti e della libertà di ognuno, che ha tra i suoi valori il rispetto della democrazia, l’affermazione del principio di uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge ed alla società stessa e il perseguimento della solidarietà sociale.
Riteniamo, quindi, assolutamente antistorica ed ingiusta la scelta di non esporre la lapide di Fra Dolcino all’interno del Palazzo municipale, in un luogo accessibile e frequentato dai cittadini.
I firmatari di questo appello chiedono:
1. che l’Amministrazione comunale rispetti la volontà dei tanti Vercellesi, degli intellettuali e molti cittadini italiani, che ottennero nell’anno 2000 di collocare la lapide lungo lo scalone del Municipio.
2. che la Giunta ed il Consiglio comunale di Vercelli deliberino lo spostamento della lapide di Fra Dolcino dalla sede di Santa Chiara all’interno del Municipio di Vercelli lungo lo scalone di ingresso, in una posizione che ne assicuri una grande visibilità ai cittadini.

sabato 27 giugno 2009

Referendum clericale

MONCINGOLI – Un piccolo paese di  circa 400 abitanti in provincia di Massa Carrara la cui unica notorietà era l’aver dato i natali al ministro Sandro Bondi, ora questo paese è diviso, una parte di qua e l’altro gruppo di là.

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A dividere i cittadini di questo ridente paesino non è il calcio, ne tantomeno la politica, a dividere questo paesino sono Gesù Bambino e la Madonna!

Il paese è animato da feroci diatribe su quale effige portare in processione, il divin bambino o la sua verginale madre? Insomma il livello delle discussioni è arrivato a tal punto che il parroco ha deciso indire un referendum, così che tutti gli abitanti possano votare e decidere chi debba essere portato in processione!

Mi spiace di non essere cittadino di questo ameno villaggio, avrei potuto provare ad inserirmi nella gara con una lista di disturbo “Pro-San Giuseppe”, sarei curioso di sapere poi con che regolamento applicheranno il tutto, esisterà il vincolo del quorum, la maggioranza dovrà essere assoluta o basterà che uno dei candidati prenda un voto più dell’altro? Faranno gli exit pool, attenderanno trepidanti, in sala stampa, l’esito del tutto?

Una cosa vorrei sapere, dove è finito  quel tipo che diceva che e la religione è da sempre motivo di unione?

Questi sono in 400 e non riescono nemmeno a decidere su quale statua portare in processione!

lunedì 8 giugno 2009

Meglio mafioso che scout!

La notizia è vecchia, ma ne sono venuto a conoscenza solo ora, nonostante tutto mi sembra interessante portare a conoscenza coloro che si prendono la briga di dare un occhio a questi miei scritti.

Per il BLOG

La notizia appare sul giornale online CITTÁ NUOVE CORLEONE del 17 aprile 2009, veniamo informati che il parroco di Corleone, fra Giuseppe Gentile, già noto per aver officiato le nozze di Lucia Riina, figlia del tristemente famoso Totò, avrebbe cacciato dal gruppo scout tre ragazzi del luogo, con le parole “Se non la pensate come me potete andare via, non mi servite!” sono stati allontanati, già ci sarebbe da discutere sull’atto fortemente antidemocratico in se, dove questo bel frescone si arroga il diritto di avere la verità in tasca (ma mi sa che questa non è una novità e che questi non sia l’unico),  il grave è che il motivo del dissapore sembrerebbe essere il fatto che questi ragazzi avrebbero partecipato ad una MARCIA ANTIMAFIA, che tra l’altro era organizzata da un altro prete (Don Ciotti).

venerdì 5 giugno 2009

La guerra e la fede

Ultimamente lo stato vaticano si diletta ad imputare all’ateismo tutte le malefatte avvenute nel corso dei secoli (vedi qui un esempio).

Vision of Humanity ha realizzato uno studio redigendo una classifica mondiale, in cui vengono indicati gli stati più “pacifisti”. Questa classifica denominata Global Peace Index evidenzia invece l’esatto contrario infatti gli stati dove maggiore è il numero di “increduli” risultano essere gli stati più pacifici.

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23 diversi indicatori,vengono utilizzati per stilare questa particolare classifica tra i  quali il livello delle spese militari, la conflittualità con le nazioni limitrofe e il rispetto dei diritti umani.

Tutti i paesi rientranti nella TOP TEN sono caratterizzati da una alta percentuale di increduli. Per i dati sulla religiosità potete fare riferimento a Media with Conscience

Lascio a voi tirare le somme!

giovedì 4 giugno 2009

Contronatura?

Una delle motivazioni addotte dalle gerarchie vaticane e dai suoi accoliti contro il matrimonio gay e l'adozione è che questa cosa non fosse una cosa naturale.

Ora il giornale francese LE MONDE ci rende edotti del fatto che una coppia di pinguini gay ha adottato e cresciuto un uovo  di pinguino (rifiutato dai genitori).

Questa cosa ha permesso al piccolo di nascere, crescere e probabilmente nel futuro di farsi la sua vita.

Per il BLOG

Ora chi va dirglielo a quella gente che pure la natura si schiera contro di loro!

domenica 31 maggio 2009

Un grande uomo!

"Papà, vorresti prendere parte ad una maratona con me?"

E il padre, anche se ha un problema cardiaco, ha risposto "Sì".

E completato una maratona insieme ... Padre e figlio sono stati coinvolti in diverse altre maratone, il padre sempre accettare la richiesta di suo figlio a fare un'altra corsa insieme.

Un giorno il figlio di suo padre ha detto "papà, partecipano in un Ironman insieme".

E ancora il padre ha risposto sì al figlio.

Per chi non lo sapesse, una gara Ironman è il triathlon più dure del mondo. Questo corso si compone di tre prove di resistenza, una prova di nuoto in mare 2,4 miglia (3,86 km), seguita da una corsa in bicicletta per 112 miglia (180,2 km) e, infine, una corsa di 26,23 miglia ( 42.195 km) lungo la costa di Big Island.

Il padre e figlio hanno completato questa corsa insieme.

martedì 19 maggio 2009

Il compagno FINI

GIANFRANCO FINI (presidente della camera) da qualche tempo a questa parte continua a stupire per certe sue dichiarazioni.

Da salvare

L'ultima in ordine di tempo la potete trovare riportata (anche) su LA REPUBBLICA .

"Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso - dice il presidente della Camera - Il dibattito sulla bioetica è complesso e mi auguro che venga affrontato senza gli eccessi propagandistici che ci sono stati da entrambe le parti perché queste sono questioni nelle quali il dubbio prevale sulle certezze".

Non si è fatta attendere da parte del Vaticano la piccata reazione da parte di monsignor Elio Sgreccia, che ribatte “ Mai pensato di imporre al Parlamento italiano precetti religiosi, ma non taceremo sui temi di bioetica, che riguardano i diritti umani, i dettami costituzionali, la stessa razionalità umana e il bene comune;  non si tratta di precetti religiosi ma di argomenti basati sulla ragione e il diritto: il fatto che vengano portanti avanti dal clero o da organismi cattolici non deve consentire a nessuno di considerarli come prodotto di una razionalità minore”.

Ne tantomeno poteva esimersi dal commentare quel gran “burlone” di Luca Volontè che ribatte con il il delirio che sempre lo contraddistingue “Si tratta di un appello alla discriminazione verso i cattolici impegnati in politica e tutti coloro che vivono una fede o credono ad una religione. Il presidente della Camera ci riporta nel piu' buio dei totalitarismi neri nel Novecento

Ora, come il fatto di auspicare uno stato laico sia un “ … un appello alla discriminazione verso i cattolici …” riescono a capirlo solo i pochi neuroni del Volontè e mi sembra inutile commentare le sue fanatiche dichiarazioni, mentre di peso diverso sono le dichiarazioni di Sgreccia, in particolar modo se confrontate con quanto monsignor Rino Fisichella dichiara in un suo recente libro Identità dissolta. Il cristianesimo, lingua madre dell’Europa sull’argomento rapporti stato chiesa scrive  “in virtù del suo essere democratico, lo Stato non solo deve accettare di confrontarsi con la Chiesa ma deve anche saperne accogliere - solo in un secondo momento temperandole - le eventuali ingerenze. La Chiesa invece, richiamandosi a principi che hanno origine superiore a quella umana, non potrebbe mai accettare una qualsiasi ingerenza dello Stato sui propri contenuti

sabato 16 maggio 2009

Faccia come il culo, memoria corta o Alzheimer?

Durante il discorso di congedo dal sua viaggio in Israele, il pontefice, ha affermato che “ … al campo di sterminio di Auschwitz, dove così tanti ebrei, madri, padri, mariti, mogli, fratelli, sorelle, amici, furono brutalmente uccisi sotto un regime senza Dio

Bisognerebbe a questo punto capire se il pontefice abbia la memoria corta, stia “ciurlando nel manico” o semplicemente soffra di “Alzheimer”.

A parte la sua stessa appartenenza alla “Gioventù Hitleriana”, su cui,  dobbiamo ammettere per correttezza, che per i maggiori di 14 anni v’era l’obbligo di adesione e non possiamo noi sapere quanto entusiasticamente vi aderì.

Resta comunque il fatto che da parte della religione cattolica, non vi fu “al tempo” nessuna presa di posizione negativa in merito tantomeno da parte di quella tedesca, che anzi appariva abbastanza felice di apparire accanto al fuhrer, come ben dimostrano le fotografie a venire che li ritraggono sorridenti e salutanti nazisticamente.

Da salvare2Da salvare3Da salvare1 Da salvare

Da parte del “pastore tedesco” il voler addebitare all’ateismo, qualsiasi nefandezza, denota chiaramente una forte malafede, infatti l’ateismo in quanto tale è un fenomeno relativamente recente, se non altro perché fino a pochi decenni orsono, dava la stura ad un forte ostracismo da parte della società, e ancor prima il dichiararsi ateo significava far parte integrante del festoso barbecue allestito in piazza, nel simpatico ruolo della carbonella!